La registrazione delle tracce vede il solito Brett Eliason coinvolto nel processo d’incisione portato a termine, in parte, anche presso lo Studio Litho di Stone Gossard. Oltre Jeff Ament, quindi, altri elementi riconducono nel perimetro dei Pearl Jam, ma il contatto non è mai sostanziale, anzi rifugge da qualsiasi vincolo con il sound della band di Seattle.
Il mood del nuovo progetto risente della rilassatezza dei RNDM, ovvero Random, che collocano gli undici brani in un alternative rock morbido dalle guise polimorfe. Il risultato è spontaneo, confortevole e si manifesta sin dal primo ascolto. Stray rispolvera e revisiona, attualizzandolo, il credo hippie, mentre Confortable, che a sprazzi ricorda Bowie, non rinuncia a lambire stilemi tracciati da illustri predecessori. Qui la condiscendenza è con tutta probabilità incidentale, al contrario di quanto avviene con il deliberato ritorno (dopo Walking in N.Y.) tra i grattacieli della Big Apple per NYC Freaks.
La volontà di non allontanarsi mai da una comfort zone rassicurante è palese e il disco resta spesso ancorato a certo alternative dei ’90. Sebbene retrospettivo, accademico per alcuni versi, Ghost Riding riesce a destare interesse grazie alle peculiarità da fuoriclasse sciorinate dai componenti della band.
Resta solo un quesito irrisolto: quale sarebbe stato il risultato finale se i tre avessero lasciato affiorare il loro antico ardore? Un briciolo di audacia avrebbe conferito maggiore spessore alle composizioni, ma talento e fiuto per le buone vibrazioni rendono il secondo album dei RNDM – questa volta pubblicato per l’illustre Dine Alone Records – un disco piacevole. Non incendiario, non cruciale, ma in grado di regalare un tappeto sonoro che pencola tre buone trovate e accoglienti rimandi.
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