Fortemente influenzato dalla roots music, il colletivo Mofro nasce in Florida all’alba degli anni ‘00 per dare voce al proletariato blue-collar con un suono amalgama di soul, blues, rock, folk, funk, gospel e gritty R&B. Dopo due album, il gruppo cambia nome in JJ Grey (band leader e principale autore) & Mofro: lo stile non muta, il traguardo è lo stesso.
Con un successo crescente – alimentato da centinaia di concerti in giro per i continenti – il blend si rinnova ad ogni uscita fino a Ol’Glory, nona pubblicazione. I dischi sembrano avere un fine utilitaristico, un mezzo per lasciar presagire le torride jam concertistiche che esaltano la duttilità del gruppo. Un tocco di originalità e tanti riferimenti a un sound che tange Jerry Reed, Otis Redding e altri maestri del Memphis soul.
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Clic qui per Ol'Glory album teaser.
giovedì 26 febbraio 2015
martedì 24 febbraio 2015
A long way down to the roots – Michele Giuliani plays Duke Ellington
Nel marasma di scialbe pubblicazioni reclamizzate in pompa magna, con toni enfatici e sparate sensazionali, conforta apprendere che qualcuno risponde solo ad urgenze scevre dai meccanismi del sistema, asservite unicamente alla spontaneità del momento.
Con una pubblicità che neanche può essere definita tale, Michele Giuliani promuove la sua idea di musica. Con poche righe autografe annuncia l’uscita di un nuovo album, affidando i suoi tormenti a un messaggio email capace di far coesistere timidezza ed ira per il letale mix di nefandezze e mercificazione che ha quasi annientato la sensibilità all’arte.
Pianista eclettico, Giuliani è autore che varca spesso i confini del jazz e della world per tornare alle radici del tutto, ad un’essenzialità schietta. A long way down to the roots – Michele Giuliani plays Duke Ellington impiatta il nòcciolo e getta la polpa. Radicalizza lo scontro tra spessore artistico e futilità presentando un monologo per pianoforte che indaga l’origine del legame tra alcune composizioni di Duke Ellington e i suoni dell’Africa. Una fascinazione che il maestro americano riporta in varie partiture, African Flower su tutte.
A long way down to the roots è proposta autentica che Giuliani offre con un sentito, ma tutt’altro che deferente, tributo all’eccellenza jazz. Reso integralmente disponibili in rete, “il disco” espone dieci reinterpretazioni intrecciate dall’improvvisazione e guidate da ipnotiche suggestioni. Un viaggio immaginifico e libero, in ogni senso, che riporta in auge raffinatezza e profondità artistica. Affidare queste cover allo streaming gratuito non arricchisce, ma buttare sangue per la musica ripaga moralmente e contribuisce a svelare la qualità. Proprietà umana e professionale che a Michele Giuliani non manca.
Con una pubblicità che neanche può essere definita tale, Michele Giuliani promuove la sua idea di musica. Con poche righe autografe annuncia l’uscita di un nuovo album, affidando i suoi tormenti a un messaggio email capace di far coesistere timidezza ed ira per il letale mix di nefandezze e mercificazione che ha quasi annientato la sensibilità all’arte.
Pianista eclettico, Giuliani è autore che varca spesso i confini del jazz e della world per tornare alle radici del tutto, ad un’essenzialità schietta. A long way down to the roots – Michele Giuliani plays Duke Ellington impiatta il nòcciolo e getta la polpa. Radicalizza lo scontro tra spessore artistico e futilità presentando un monologo per pianoforte che indaga l’origine del legame tra alcune composizioni di Duke Ellington e i suoni dell’Africa. Una fascinazione che il maestro americano riporta in varie partiture, African Flower su tutte.
A long way down to the roots è proposta autentica che Giuliani offre con un sentito, ma tutt’altro che deferente, tributo all’eccellenza jazz. Reso integralmente disponibili in rete, “il disco” espone dieci reinterpretazioni intrecciate dall’improvvisazione e guidate da ipnotiche suggestioni. Un viaggio immaginifico e libero, in ogni senso, che riporta in auge raffinatezza e profondità artistica. Affidare queste cover allo streaming gratuito non arricchisce, ma buttare sangue per la musica ripaga moralmente e contribuisce a svelare la qualità. Proprietà umana e professionale che a Michele Giuliani non manca.
lunedì 23 febbraio 2015
Mettercela tutta, sempre
Mettercela tutta. Combinare date e macinare chilometri, calcare palchi e suonare in tutti gli angoli del Paese come fosse la prima volta, con l’urgenza di un nuovo inizio che spinge per manifestarsi, e non l’ultima, che si porta dietro una carico di malinconia e uno scarico di responsabilità da lavoro archiviato.
I Leitmotiv sono fuori da un pezzo, e da un pezzo si dannano l’anima ad ogni concerto. Non hanno timore di assumere rischi là dove conta, on stage. La tappa del 20 febbraio, all’Officina San Domenico di Andria, ha confermato le peculiare spettacolarità delle loro esibizioni e ha trasmesso una buona dose di certezze. Il tour in supporto del nuovo I Vagabondi, quarto album dei pugliesi, prosegue un’evoluzione artistica e un percorso indipendente impostato circa dieci anni fa.
I Leitmotiv dimostrano di aver trovato la formula ideale per uno show che si rinnova di volta in volta. Giorgio Consoli conferma doti carismatiche e non comuni, da affabulatore punk, mentre Giuseppe Soloperto, Dino Semeraro e Natti Lomartire ghermiscono il suono più adatto al mood dei testi. E’ questa una delle certezze dei Leitmotiv: quella di aver cercato e trovato la vibrazione identitaria, quella di aver fatto proprio un linguaggio sonoro che si distingue dagli altri. Un’armatura musicale dalla struttura dinamica che, dapprima ha sostenuto un pun multilingue dall’orientamento cosmopolita, dopo ha agevolato una preferenza per testi italiani, più adatti a trasporre lucide tesi e sinceri interrogativi sulla nostra realtà. Questo è il corredo che la band di Sava cesella continuamente per frapporre un distanza tangibile con le altre proposte musicali in circolazione. Un loro live è una messinscena che porta davvero pezzi di vita sul proscenio. Il gruppo sa blandire con I diciottenni, emozioni legate ai ricordi e ritmo docile, e pestare con Ad occhi chiusi, toni nervosi per uno spaccato sociale. Sa dispiegare, meglio di chiunque, gli umori biografici con I Vagabondi e sbeffeggiare sottilmente con Testa di paglia. Sa pungolare con La Flute Magique, brano opportunamente ripescato dal catalogo, e osare con il medley Puerto Nuevo/ Girls and Boys (Blur).
Assistere a un loro concerto non è mero svago, è un’esperienza. Equipaggiamento essenziale, scarpe comode e lo sguardo avanti per dare il meglio. Mettercela tutta. Sempre. Questo è il leitmotiv. Questi sono i Leitmotiv.
I Leitmotiv dimostrano di aver trovato la formula ideale per uno show che si rinnova di volta in volta. Giorgio Consoli conferma doti carismatiche e non comuni, da affabulatore punk, mentre Giuseppe Soloperto, Dino Semeraro e Natti Lomartire ghermiscono il suono più adatto al mood dei testi. E’ questa una delle certezze dei Leitmotiv: quella di aver cercato e trovato la vibrazione identitaria, quella di aver fatto proprio un linguaggio sonoro che si distingue dagli altri. Un’armatura musicale dalla struttura dinamica che, dapprima ha sostenuto un pun multilingue dall’orientamento cosmopolita, dopo ha agevolato una preferenza per testi italiani, più adatti a trasporre lucide tesi e sinceri interrogativi sulla nostra realtà. Questo è il corredo che la band di Sava cesella continuamente per frapporre un distanza tangibile con le altre proposte musicali in circolazione. Un loro live è una messinscena che porta davvero pezzi di vita sul proscenio. Il gruppo sa blandire con I diciottenni, emozioni legate ai ricordi e ritmo docile, e pestare con Ad occhi chiusi, toni nervosi per uno spaccato sociale. Sa dispiegare, meglio di chiunque, gli umori biografici con I Vagabondi e sbeffeggiare sottilmente con Testa di paglia. Sa pungolare con La Flute Magique, brano opportunamente ripescato dal catalogo, e osare con il medley Puerto Nuevo/ Girls and Boys (Blur).
Assistere a un loro concerto non è mero svago, è un’esperienza. Equipaggiamento essenziale, scarpe comode e lo sguardo avanti per dare il meglio. Mettercela tutta. Sempre. Questo è il leitmotiv. Questi sono i Leitmotiv.
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