Bassista, cantante, chitarrista e arrangiatore, Marco Machera debutta con One Time, Somewhere album edito in formato digitale dalla Innsbruck Records.
Machera è cantautore e polistrumentista che predilige il basso, ma per assecondare armonie delicate o traiettorie risolute alterna lo strumento più adatto a scandire tempi e regole di queste 9 tracce autoprodotte. Oltre al basso, dunque, impiega chitarre, synth e percussioni delineando il lieve preludio pop di Hello, o la conclusiva babilonia sonora di Troubled Childhood. In poco più di mezz’ora, testi inglesi fluttuano in un continuo susseguirsi di indisciplinata opulenza sonora, cercata e glorificata da autore e session men intervenuti in suo supporto (Pat Mastellotto alla batteria e Francesco Zampi agli archi, piano, diavolerie elettroniche).
Convivono varie anime in One Time, Somewhere. Nella brillante Days Of Summertime, brano interpretato da Rob Fetters, risaltano echi beatlesiani, mentre Stories Left Untold è piacevolmente articolata su percorsi fusion che valorizzano linee di basso profonde e seducenti. In quota rock la tesa versione di Bright Lights Big City, breve, percussiva e memorizzabile.
Tutti i brani sembrano raccogliere le suggestioni che Machera ha elegantemente racchiuso in questa compilation elaborata in un lungo arco temporale. Le fondamenta del disco sono state gettate nel 2009 e, tra un impegno e l’altro, Machera ha cesellato il lavoro ultimandolo solo l’estate scorsa.
Al di là della sua nuova carriera solista, infatti, il musicista di Latina è membro in pianta stabile dei MYTHO (band prog rock a conduzione semi-familiare), e può esibire un curriculum che vanta collaborazioni con una pletora di chitarristi di prim’ordine – tra cui Adrian Belew (King Crimson), Frank Gambale (Chick Corea Elektric Band), Jennifer Batten (Michael Jackson), Paul Gilbert (Mr. Big) – e con il ricercato batterista della scena mainstream Jerry Marotta (Peter Gabriel e Tony Levin tra gli altri). Partecipazioni che hanno inoculato nel giovane musicista (ventisei anni appena) il culto del rock-jazz che balena intermittente in One Time, Somewhere, serpeggiando tra le digressioni elettroniche di Götzendämmerung e permeando le carezzevoli sinfonie di archi incluse in Down Below. Slegate da vincoli stilistici risultano Hire Her, eterea e sperimentale nella suo incedere indeterminato, e quella El Muerto dall’inquieto refrain western morriconiano che spezza in due tracklist e certezze sull’esatta collocazione dei generi proposti.
Spiazzante per varietà di stili, One Time, Somewhere è un disco eterogeneo che lascia apprezzare le doti del compositore e le ampie vedute del produttore.
Sito web di Marco Machera
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