Dolce e amaro, gli elementi tra cui si insinua il percorso del debut album dei Codeina.
Concepite alla maniera di certo “seattle sound” – melodie seducenti riprodotte con suoni cattivissimi – gli effetti distorti della Mustang di Mattia Galimberti, il rauco basso di Emanuele Delfanti e il preciso drumming di Emiliano Maggioni accompagnano l’ascolto attraverso dieci brani di grande impatto.
In giro dal 1998, tra una consistente attività live in locali dell’hinterland milanese (incluso un ristorante cinese), demo, concorsi, cambi di sala prove, cambi di formazione e guadagni di una notte spesi per dissetare il folto seguito, ai brianzoli viene facile riprodurre un rock dai passaggi veementi. E ci mettono il “quore”, nei componimenti e anche nel titolo. Anzi Quore Hidalgo Picaresco: un riferimento letterario alle vicende di quei nobili cavalieri impelagati in imprese utopiche. Un po’ come l’avventurosa trafila superata dal trio per arrivare al tanto bramato primo album. Volontari o meno, sono presenti anche cenni storici. E’ il caso dello strumentale Tesla vs Marconi che ricorda la diatriba tra Nikola Tesla e Guglielmo Marconi su alcune invenzioni scientifiche.
Dieci capitoli incisivi e capaci di entrare in testa con la stessa facilità degli strampalati titoli. Peristalsi 3.0 ne è l’esempio lampante. Una scarica di watt dal titolo improponibile che pare presa a prestito dal repertorio dei Nirvana, croce e delizia del power trio. Il limite della musica dei Codeina, infatti, sta nel pesante debito che devono alla band americana. Scaricato il pesante fardello, il gruppo potrà meglio evidenziare le proprie qualità senza necessariamente partecipare al gioco del “suona come”.
Last but not least. La sala prove dei Codeina si trova ad Arcore, la città “di un famoso politico” che “non è molto alto, sorride sempre e racconta spesso barzellette”. Sarà dedicata a lui Ridi pagliaccio?
http://www.myspace.com/codeina
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