giovedì 3 luglio 2014

Dead Man’s Town: A Tribute to Born in the U.S.A.

Born down in a dead man's town/ The first kick I took was when I hit the ground”, questa l’amara asserzione che apre Born In The U.S.A., il più venduto album di Bruce Springsteen. Un disco che ha concesso fama abbacinante e repentina al suo autore, che ha convinto tanto il pubblico quanto la critica, che ha piazzato sette singoli nella Top Ten “Billboard Hot 100” e che ancora oggi riluce di un fascino iconico, solido, difficilmente ripetibile e quasi certamente inimitabile.
Ai giorni nostri, trent’anni dopo la sua pubblicazione, alcuni cantautori americani rendono omaggio all’attualità dei versi contenuti in quelle canzoni e rileggono celebri musiche articolate tra echi di sanguigno rock’n’roll e pseudo modernismo invocato dai synth. Dead Man's Town: A Tribute to Born in the U.S.A., disponibile dal 16 settembre via Lightning Rod Records, digrada la potenza di un suono tutto E Street Band e lo riporta allo stadio embrionale generato tra solitudine creativa, essenzialità acustica e spartana partitura, in quel mood simile alle ispirate session di Nebraska che ne hanno determinato l’avvento. Per dirla con Jason Isbell, che nel tributo reinterpreta proprio la title track, “Born In The U.S.A. ha ingenerato fraintendimenti in molte persone che hanno apparentemente travisato il contenuto lirico e l’assunto del brano. Quando si ascolta la versione demo, con quell’accordo scuro in tonalità minore, si è certi che non si tratta di un inno festoso. Volevamo rimanere fedeli a questa versione”. Argomentazione confermata e rilanciata dalla violinista Amanda Shires (impegnata nella registrazione della cover con il marito Isbell) che circoscrive il significato del testo: “Mi piace come la canzone ricrea un quadro di lotta antitetico al sogno americano e come l'ironia presente nel coro contraddistingua una forza che quasi trascende il resto”.
Chi ritiene superiore la produzione acustica di Springsteen, apprezzerà la sobrietà delle interpretazioni di Jason Isbell & Amanda Shires, Nicole Atkins, Justin Townes Earle, Blitzen Trapper e Trampled By Turtles che riportano il nucleo di Born In The U.S.A. in evidenza, quasi a volerne riproporre quella “naked version” agognata dai fans ma mai concessa dal suo autore.
Per Luther Dickinson, chitarrista in pianta stabile per la North Mississippi Allstars (e con trascorsi nei The Black Crowes), “una qualunque canzone di Born In The U.S.A. potrebbe funzionare anche con la sola chitarra acustica”. Una certezza granitica che ha ispirato l'intero progetto.
Di seguito, accanto alla scaletta dei brani inclusi in “Dead Man's Town: A Tribute to Born in the USA”, sono indicati i musicisti e i gruppi coinvolti nella realizzazione del disco.

1) "Born In The U.S.A" - Jason Isbell & Amanda Shires clic qui per ascoltarla
2) "Cover Me" - Apache Relay
3) "Darlington County" - Quaker City Nighthawks
4) "Working On The Highway" - Blitzen Trapper
5) "Downbound Train" - Joe Pug
6) "I'm On Fire" - Low
7) "No Surrender" - Holly Williams
8) "Bobby Jean" - Ryan Culwell
9) "I'm Goin' Down" - Trampled By Turtles
10) "Glory Days" - Justin Townes Earle
11) "Dancing In The Dark" - Nicole Atkins
12) "My Hometown" - North Mississippi Allstars

1 commento:

Francesco Santoro ha detto...

Ancora nulla è trapelato sulle altre interpretazioni.
Stiamo alla finestra! ;-)
Ciao!