Una manciata di lettere designano nome del gruppo e titolo del disco: RNDM, Acts.
Un parsimonioso formalismo estetico che contrasta con il florido risultato di una proposta dalle diverse anime. I RNDM nascono per volere di Jeff Ament, stacanovista del rock e membro fondatore dei Pearl Jam. Joseph Arthur e Richard Stuverud completano un gruppo che esalta le sfaccettature del rock made in Usa, professando credo punk e dottrina funk. Dietro la consolle, a garantire un suono rocciosamente liquido, Brett Eliason (figura di spicco nel suo campo).
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sabato 29 dicembre 2012
mercoledì 26 dicembre 2012
Underdog - Keep Calm
“Un uomo è i vizi che si paga, non è il suo lavoro, non è la sua carriera, non è la macchina, non i soldi”. Si può condividere o meno, ma è così che Diego Pandiscia, cantante e bassista degli Underdog, presenta dal vivo Empty stomach (pancia vuota). Il brano è racchiuso nell’ultimo Keep Calm, sorta di contenitore di ansie e referente di tribolazioni patite da chi deve arrabattarsi per andare avanti.
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domenica 23 dicembre 2012
Alberto Milani - Stories by the Bridge
Esporsi come “semplici strumentisti” è difficile ma non impossibile se la dote supporta talento ed espressività.
Alberto Milani detiene passione e tecnica che, attraverso la sua chitarra elettrica, lascia trasparire certificando virtuosismo compositivo ed esecutivo. Tra lick, scale e assolo funamboleschi il trentenne friulano propone Stories by the Bridge, raccolta di brani fusion che si stagliano in quella terra di mezzo fertile di improvvisazioni jazz, di asperità rock e di sporadiche tentazioni blues.
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venerdì 21 dicembre 2012
Renzo Rubino e il suo "pop" tra "bignè" e "milioni di scintille"
Renzo Rubino compone musica, suona il piano, non vuole chitarre tra i piedi e canta con enfasi i suoi testi pletorici su sentimenti, quotidianità e irresistibili dolciumi. La vena ironica (e autoironica) è forte, l’identità cantautorale è netta. L’imperante assenza di logica tra certe dinamiche del nostro tempo infervora l’immaginario di Rubino che sugli incagli personali erige, con le parole, monumenti stralunati, problematici, dal taglio caustico. Farfavole è il primo vero disco inciso dal giovane pugliese, sette brani per rimarcare nobili sentimenti e piccole trasgressioni alimentari. Poco più di venti minuti per sgrovigliare nodi emozionali inclusi quelli che ispirano voluttà o che mettono a nudo l’indole cedevole dell’uomo bramoso al cospetto di un Bignè (brano vincitore al festival Musicultura 2011). Canzoni come Balla e Canta, e Pornokiller mostrano abilità allusive ed evocative difficili da ritrovare in giovani compositori italiani. Valori ancora più amplificati dalla matura scelta di chiudere Farfavole con la dotta citazione di Milioni di Scintille – rifacimento di un brano scritto da Modugno – con il prezioso cameo del trombettista Fabrizio Bosso.
In questi giorni, nell’archivio musicale di Rubino, ha trovato spazio anche il nuovo singolo Pop. Accompagnato da un video che ne comprova le doti di primo attore, il brano cerca di risolvere un quesito tanto annoso quanto retorico: “di che diavolo parlano i discografici quando chiedono agli artisti di essere POP”? Intanto, al lavoro per il nuovo album che vedrà la luce nel prossimo anno, il martinese si appresta a partecipare alla prossima edizione di Sanremo Giovani con il pezzo intitolato Il postino, già disponibile sul sito web della Rai.
martedì 18 dicembre 2012
Sound City
Anche la musica ha i suoi santuari. Templi in cui raccogliere le idee, trovare la concentrazione, ricreare quel sound che ronza in testa, scovare la nota giusta che fa vibrare il cuore. Luoghi in cui provare a trasformare una suggestione personale in un balsamo universale.
A Los Angeles, ad esempio, ci sono i Sound City Studios: un'istituzione, il laboratorio dove Neil Young ha inciso After The Gold Rush e i Nirvana Nevermind.
Proprio all'ex batterista di questi ultimi, Dave Grohl, è venuto in mente di girare, nelle inedite vesti di regista, un documentario sui leggendari studi siti nel distretto losangelino di Van Nuys.
Il film si chiama proprio Sound City e porta in dote una nutrita serie di testimonianze. Ad aprire l'archivio delle memorie si sono prestati primi attori del rock come Tom Petty, John Fogerty, Lars Ulrich, Josh Homme, Rick Rubin e lo stesso Grohl (solo per citarne alcuni). Storie, curiosità, aneddoti e l'accento posto sul dualismo vissuto oggi in sala d’incisione tra la sconfinata offerta tecnologia del digitale e quel "calore" vintage e romantico che solo l’analogico pare forgiare. Questo, in sintesi, il soggetto del lungometraggio. Ma l'atteso progetto non si esaurisce qui. Il raduno in una location così prestigiosa ha invogliato il cast a realizzare brani inediti inclusi nella compilation Sound City: Real To Reel, complemento sonoro alle immagini. Dave, collante di queste super band, suona in tutti i pezzi. Il disco annovera anche quella Cut Me Some Slack da lui eseguita insieme a Paul McCartney, Krist Novoselic e Pat Smear il 12 dicembre scorso al Madison Square Garden, durante il concerto per la raccolta fondi in favore delle vittime dell'uragano Sandy. La pellicola verrà presentata al Sundance Film Festival il 17 gennaio prossimo, ma è già pre-ordinabile tramite iTunes.
Il film si chiama proprio Sound City e porta in dote una nutrita serie di testimonianze. Ad aprire l'archivio delle memorie si sono prestati primi attori del rock come Tom Petty, John Fogerty, Lars Ulrich, Josh Homme, Rick Rubin e lo stesso Grohl (solo per citarne alcuni). Storie, curiosità, aneddoti e l'accento posto sul dualismo vissuto oggi in sala d’incisione tra la sconfinata offerta tecnologia del digitale e quel "calore" vintage e romantico che solo l’analogico pare forgiare. Questo, in sintesi, il soggetto del lungometraggio. Ma l'atteso progetto non si esaurisce qui. Il raduno in una location così prestigiosa ha invogliato il cast a realizzare brani inediti inclusi nella compilation Sound City: Real To Reel, complemento sonoro alle immagini. Dave, collante di queste super band, suona in tutti i pezzi. Il disco annovera anche quella Cut Me Some Slack da lui eseguita insieme a Paul McCartney, Krist Novoselic e Pat Smear il 12 dicembre scorso al Madison Square Garden, durante il concerto per la raccolta fondi in favore delle vittime dell'uragano Sandy. La pellicola verrà presentata al Sundance Film Festival il 17 gennaio prossimo, ma è già pre-ordinabile tramite iTunes.
martedì 4 dicembre 2012
Medimex 2012
I workshop di Nicola Piovani e di Guido Harari, gli showcase, le rivelazioni dell’impresario di Springsteen sul prossimo tour italiano, i concerti del redivivo Edda e del sorprendente Luca Sapio. Sono solo alcuni degli eventi presentati al Medimex (Mediterranean Music Expo), la fiera della musica che si conferma punto d’incontro privilegiato per chi vuole trasformare le opportunità artistiche in lavoro.
Si è chiusa la ricca tre giorni del MEDIMEX, Fiera delle Musiche del Mediterraneo, promossa da Puglia Sounds il programma della Regione Puglia per lo sviluppo del sistema musicale. Anche per questa seconda edizione la città di Bari ha messo a disposizione gli imponenti 8000 mq di spazio espositivo per accogliere, dal 30 novembre al 2 dicembre, interessanti incontri, eventi esclusivi ed energici concerti. Tra gli showcase della prima serata quello dei Nobraino ha colpito per impatto sonoro e vitalità sprigionata nell’arco di soli quaranta minuti. Il pubblico avrebbe desiderato godersi più a lungo il dinamismo bruciante del gruppo, ma la serafica ammissione di Lorenzo Kruger (“il vostro parere non conta un cazzo e se è per questo nemmeno il nostro”) ha lasciato intendere che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di sforare sul programma. Singolare anche lo show successivo. Enzo Avitabile coinvolge con una performance che canalizza fiati e percussioni (straordinario l’impatto della backing band dei Bottari) dentro la sua world music dal mood partenopeo. Unico rimpianto della serata, l’esordio in tarda serata per Frankie Chavez, bluesman portoghese, costretto ad esibirsi dopo la mezzanotte.
Tra i numerosi workshop merita una menzione particolare quella denominata “La bottega dell’autore”, incentrata su figure di rilievo della nostra musica. Ambasciatori nel mondo dell’arte italiana, Nicola Piovani e Guido Harari sono campioni del pentagramma e dell’immagine del nostro tempo. Nicola Piovani si definisce fautore del libero pensiero (“che non va tanto di moda, oggi”) e lo conferma donando nuova linfa al latinismo Amicus Plato, sed magis amica veritas, una sentenza in cui crede fermamente e che designa la rotta artistica di un percorso polimorfo. La notorietà ricevuta con i suoi lavori per il cinema focalizza il racconto. Gli aneddoti sui grandi registi con i quali ha collaborato sono molti e sono pregnanti. C’è una storia da raccontare per ogni partitura scritta, per ogni colonna sonora realizzata. Piovani passa in rassegna il rapporto con Bellocchio, la verbosa laboriosità preda dei fratelli Taviani, l’alacrità di Fellini, la genialità di Benigni e la maniacalità di Moretti. C’è spazio anche per la confessione che conferma il suo approccio diversificato all’arte musicale. In anteprima, Piovani rivela di aver messo mano ad un lavoro tutto suo, un album di 12 canzoni che verrà pubblicato dalla Sony. Tra serenate, macchiette e temi popolari il maestro annuncia di aver “già scritto 11 brani strumentali da un minuto e mezzo” con alcuni testi autografi, altri firmati da Noa, Benigni, Cerami e, a quanto pare, uno che riprende parole di Pirandello. Canzoni legate da un accordo: lo stesso che provvede a spegnere il pezzo è lo stesso che lo riaccende. Nell’album troverà spazio anche “una specie di esercizio di stile”, una canzone spagnola posticcia e fintamente tradotta in italiano in cui si cerca di riprodurre il sentimento di certe vecchie melodie. Non emerge durante l’incontro ma, con lo scambio di battute che avviene dopo, il compositore afferma che De Gregori sarà ospite di questo suo primo progetto “pop”, in una sorta di scambio di partecipazioni. I due, infatti, hanno iniziato a collaborare con “Guarda che non sono io” (tratto dal nuovo Sulla Strada), brano che vede la firma di Piovani sull’arrangiamento di archi. E anche qui, come spesso gli è successo, il premio Oscar ha assolto ad una richiesta inaspettata con l’urgenza propria del luminare di medicina che soccorre il paziente. «Mi ha chiamato la sera prima (De Gregori, ndt) perché doveva inserire gli archi. Mi ha detto: “Solo pianoforte non regge, mi aiuti?”. Lui sta lavorando ad un disco mio e io ho scritto gli archi e glieli ho portati».
“La musica dal vivo in Europa: esperienze a confronto, prospettive e sinergie” è il titolo dell’incontro moderato dal giornalista Enzo Gentile. Tra gli interventi anche quello di Claudio Trotta, fondatore di Barley Arts Promotion, che espone la sua tesi circa il successo dei festival stranieri. "I festival in Europa sono così di successo perché bevono molto (gli spettatori, ndt) ma molto più di noi. Sembra una stupidaggine, invece è un elemento fondamentale perché dalla ristorazione gli organizzatori prendono dei ricavi altissimi". Gelo in platea e stupore tra gli altri ospiti (tra cui i giovani stranieri Andras Berta, International Relations Director Sziget Festival, e Ivan Milivojev, program manager EXIT Festival), ma se a dirlo è il navigato impresario che porta Springsteen in Italia ci sarà pure da credergli. Anzi proprio sulla pianificazione del concerto organizzato a Napoli, per il prossimo 30 maggio, Trotta spiega perché la scelta è ricaduta sulla città partenopea e non su Bari, anch'essa tra le città candidate ad ospitare una tappa italiana del Wrecking Ball Tour 2013. “Michele Emiliano (sindaco del capoluogo pugliese) si è speso personalmente, mi ha telefonato, mi ha offerto gli spazi. E' stata fatta una scelta da me e dal management dell'artista che ha preferito all'Arena della Vittoria (il vecchio stadio di calcio di Bari, ndt) la Piazza del Plebiscito (a Napoli, ndt). Punto e basta. E' semplicemente un ragionamento che riguarda la location. Per quanto attiene lo Stadio San Nicola (il maggiore impianto sportivo di Bari con spalti molto distanti dal terreno di gioco, ndt) già durante le partite bisogna immaginare i calciatori, figurarsi per un concerto! Non è nella filosofia di come cerco di organizzare i concerti di Bruce. Aggiungo che sono anni che tento di fare concerti di Springsteen con la E Street Band al sud. Addirittura – vi svelo un retroscena – quest'anno volevo organizzarne due, di cui uno in Sicilia. Non sono riuscito a farlo per problemi di natura geografica".
Nello spazio adiacente gli stand della fiera, si tiene la cerimonia di consegna del PIMI – Premio Italiano Musica Indipendente a cura del MEI. Sul palco si alternano i premiati tra i quali il redivivo e folle Edda (ex Ritmo Tribale), lo schivo Colapesce e i tenebrosi Afterhours, ma a smuovere i pochi spettatori presenti ci pensa un Luca Sapio in palla, esponente della black music più tradizionale e trascinante.
Il sipario si chiude sulla ben organizzata kermesse barese. I protagonisti della musica hanno avuto modo di incontrare gli addetti ai lavori e gli appassionati. Tra il tripudio di certa scena indie-ma-non-troppo, il sollazzo di austere major e meeting di grande prestigio permangono alcuni dubbi. Ad esempio, perché i workshop devono ancora oggi presidiarli Assante e Castaldo? Perché l’assegnazione di alcuni premi resta ad esclusivo appannaggio di XL-Repubblica e Mucchio? “La musica è lavoro” è uno degli slogan creati per questa fiera. Sarebbe vero se solo si vedessero lavorare facce nuove accanto ai soliti noti.
Si è chiusa la ricca tre giorni del MEDIMEX, Fiera delle Musiche del Mediterraneo, promossa da Puglia Sounds il programma della Regione Puglia per lo sviluppo del sistema musicale. Anche per questa seconda edizione la città di Bari ha messo a disposizione gli imponenti 8000 mq di spazio espositivo per accogliere, dal 30 novembre al 2 dicembre, interessanti incontri, eventi esclusivi ed energici concerti. Tra gli showcase della prima serata quello dei Nobraino ha colpito per impatto sonoro e vitalità sprigionata nell’arco di soli quaranta minuti. Il pubblico avrebbe desiderato godersi più a lungo il dinamismo bruciante del gruppo, ma la serafica ammissione di Lorenzo Kruger (“il vostro parere non conta un cazzo e se è per questo nemmeno il nostro”) ha lasciato intendere che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di sforare sul programma. Singolare anche lo show successivo. Enzo Avitabile coinvolge con una performance che canalizza fiati e percussioni (straordinario l’impatto della backing band dei Bottari) dentro la sua world music dal mood partenopeo. Unico rimpianto della serata, l’esordio in tarda serata per Frankie Chavez, bluesman portoghese, costretto ad esibirsi dopo la mezzanotte.
Tra i numerosi workshop merita una menzione particolare quella denominata “La bottega dell’autore”, incentrata su figure di rilievo della nostra musica. Ambasciatori nel mondo dell’arte italiana, Nicola Piovani e Guido Harari sono campioni del pentagramma e dell’immagine del nostro tempo. Nicola Piovani si definisce fautore del libero pensiero (“che non va tanto di moda, oggi”) e lo conferma donando nuova linfa al latinismo Amicus Plato, sed magis amica veritas, una sentenza in cui crede fermamente e che designa la rotta artistica di un percorso polimorfo. La notorietà ricevuta con i suoi lavori per il cinema focalizza il racconto. Gli aneddoti sui grandi registi con i quali ha collaborato sono molti e sono pregnanti. C’è una storia da raccontare per ogni partitura scritta, per ogni colonna sonora realizzata. Piovani passa in rassegna il rapporto con Bellocchio, la verbosa laboriosità preda dei fratelli Taviani, l’alacrità di Fellini, la genialità di Benigni e la maniacalità di Moretti. C’è spazio anche per la confessione che conferma il suo approccio diversificato all’arte musicale. In anteprima, Piovani rivela di aver messo mano ad un lavoro tutto suo, un album di 12 canzoni che verrà pubblicato dalla Sony. Tra serenate, macchiette e temi popolari il maestro annuncia di aver “già scritto 11 brani strumentali da un minuto e mezzo” con alcuni testi autografi, altri firmati da Noa, Benigni, Cerami e, a quanto pare, uno che riprende parole di Pirandello. Canzoni legate da un accordo: lo stesso che provvede a spegnere il pezzo è lo stesso che lo riaccende. Nell’album troverà spazio anche “una specie di esercizio di stile”, una canzone spagnola posticcia e fintamente tradotta in italiano in cui si cerca di riprodurre il sentimento di certe vecchie melodie. Non emerge durante l’incontro ma, con lo scambio di battute che avviene dopo, il compositore afferma che De Gregori sarà ospite di questo suo primo progetto “pop”, in una sorta di scambio di partecipazioni. I due, infatti, hanno iniziato a collaborare con “Guarda che non sono io” (tratto dal nuovo Sulla Strada), brano che vede la firma di Piovani sull’arrangiamento di archi. E anche qui, come spesso gli è successo, il premio Oscar ha assolto ad una richiesta inaspettata con l’urgenza propria del luminare di medicina che soccorre il paziente. «Mi ha chiamato la sera prima (De Gregori, ndt) perché doveva inserire gli archi. Mi ha detto: “Solo pianoforte non regge, mi aiuti?”. Lui sta lavorando ad un disco mio e io ho scritto gli archi e glieli ho portati».
Nella hall che ospita il workshop incentrato sul suo straordinario lavoro, Guido Harari si presenta pimpante e pieno di entusiasmo. Aspetto giovanile e battuta sempre pronta, il fotografo del rock per eccellenza dispensa sorrisi, autografi e risulta espansivo oltre ogni immaginazione. La sua bottega elabora immagini, cattura lo sguardo, ruba l’essenza dell’artista, ne immortala il mito. Harari ha iniziato quarant’anni fa una carriera costellata di successi che forse non ha eguali. Più facile ricordare i nomi di chi non ha posato per lui piuttosto che elencare quelli che si sono prestati ai suoi flash. Ha fermato la giovinezza e l’umore di tutti, e con tutti è riuscito ad instaurare un rapporto confidenziale che ha portato la sua opera ad uno stadio successivo alla mera pubblicità, un livello così elevato da risultare quasi mistico. Bob Marley manifestava la sua identità attraverso l’ostentazione dei dreadlocks, eppure Harari ha fotografato il volto del rastafariano in primo piano, tra chiaroscuri del bianco e nero che ne inghiottiscono la capigliatura. Un esperimento coraggioso, avallato da un artista che si è concesso in piena rilassatezza all’occhio indagatore della macchina fotografica. Harari ha mantenuto un rapporto sincero con artisti altezzosi, star di prima grandezza cresciute a vizi e abituate a scansare chiunque per puro capriccio. Con Lou Reed, l’orso per antonomasia del mondo rock, si è instaurata un’affinità che ha aperto a concessioni inverosimili. Non sarebbe difficile trovare risposta, ma quanti fotografi hanno ricevuto la licenza di poter mettere in braccio allo scontroso newyorkese il proprio figlio per poi trarne un profilo intimo ed esclusivo? Quanti hanno avuto modo di confessare le proprie inquietudini a cena con Joni Mitchell? Quanti hanno avuto la possibilità di rappresentare pienamente quella malinconia che ha attanagliato Tim e Jeff Buckley durante la loro breve vita? Forse solo un professionista serio ma dotato di grande empatia. Uno che passa sopra, con leggerezza e signorilità, alla gaffe spettacolare siglata da Ernesto Assante (moderatore dell’incontro) che scambia il lavoro di un altro fotografo per quello di Harari. E’ fatto così il talentuoso reporter, volentieri si presta a posare per una foto ricordo fissando una sola condizione: “non toccarmi il culo”. Il suo lavoro oggi continua, anche se “nell’era dei pass” è difficile frantumare quel naturale schermo che l’artista erige tra sé e il fotografo. E tra una domanda e l’altra salta fuori quella che tira in ballo i musicisti italiani, promotori di modi artefatti in antitesi alla semplicità che accompagna i veri fuoriclasse. Il lungo silenzio introduttivo che caratterizza la risposta, tanto sintetica quanto eloquente, è imbarazzante. Alla ricerca di parole significative Harari cerca di trovare, invano, un perché di tutte quelle sovrastrutture, maglie strette di una trama che filtra ogni accesso. Un’inflessibilità alla cura dell’immagine che pare davvero essere deleteria.
Guido Harari oggi ha sbilanciato la sua opera sul lavoro d’archivio. Nella “residenza per goderecci” di Alba ha fondato una galleria che espone stabilmente ritratti fotografici, suoi e di altri illustri colleghi. La Wall Of Sound Gallery (http://www.wallofsoundgallery.com/) – davvero unica nel suo genere – ospiterà la rassegna “Vinicio Capossela & Tom Waits, le fotografie di Guido Harari” fino al prossimo 20 gennaio. Una imperdibile occasione per ammirare i lavori del grande fotografo, una ghiotta occasione per conoscere l’uomo.
“La musica dal vivo in Europa: esperienze a confronto, prospettive e sinergie” è il titolo dell’incontro moderato dal giornalista Enzo Gentile. Tra gli interventi anche quello di Claudio Trotta, fondatore di Barley Arts Promotion, che espone la sua tesi circa il successo dei festival stranieri. "I festival in Europa sono così di successo perché bevono molto (gli spettatori, ndt) ma molto più di noi. Sembra una stupidaggine, invece è un elemento fondamentale perché dalla ristorazione gli organizzatori prendono dei ricavi altissimi". Gelo in platea e stupore tra gli altri ospiti (tra cui i giovani stranieri Andras Berta, International Relations Director Sziget Festival, e Ivan Milivojev, program manager EXIT Festival), ma se a dirlo è il navigato impresario che porta Springsteen in Italia ci sarà pure da credergli. Anzi proprio sulla pianificazione del concerto organizzato a Napoli, per il prossimo 30 maggio, Trotta spiega perché la scelta è ricaduta sulla città partenopea e non su Bari, anch'essa tra le città candidate ad ospitare una tappa italiana del Wrecking Ball Tour 2013. “Michele Emiliano (sindaco del capoluogo pugliese) si è speso personalmente, mi ha telefonato, mi ha offerto gli spazi. E' stata fatta una scelta da me e dal management dell'artista che ha preferito all'Arena della Vittoria (il vecchio stadio di calcio di Bari, ndt) la Piazza del Plebiscito (a Napoli, ndt). Punto e basta. E' semplicemente un ragionamento che riguarda la location. Per quanto attiene lo Stadio San Nicola (il maggiore impianto sportivo di Bari con spalti molto distanti dal terreno di gioco, ndt) già durante le partite bisogna immaginare i calciatori, figurarsi per un concerto! Non è nella filosofia di come cerco di organizzare i concerti di Bruce. Aggiungo che sono anni che tento di fare concerti di Springsteen con la E Street Band al sud. Addirittura – vi svelo un retroscena – quest'anno volevo organizzarne due, di cui uno in Sicilia. Non sono riuscito a farlo per problemi di natura geografica".
Nello spazio adiacente gli stand della fiera, si tiene la cerimonia di consegna del PIMI – Premio Italiano Musica Indipendente a cura del MEI. Sul palco si alternano i premiati tra i quali il redivivo e folle Edda (ex Ritmo Tribale), lo schivo Colapesce e i tenebrosi Afterhours, ma a smuovere i pochi spettatori presenti ci pensa un Luca Sapio in palla, esponente della black music più tradizionale e trascinante.
Il sipario si chiude sulla ben organizzata kermesse barese. I protagonisti della musica hanno avuto modo di incontrare gli addetti ai lavori e gli appassionati. Tra il tripudio di certa scena indie-ma-non-troppo, il sollazzo di austere major e meeting di grande prestigio permangono alcuni dubbi. Ad esempio, perché i workshop devono ancora oggi presidiarli Assante e Castaldo? Perché l’assegnazione di alcuni premi resta ad esclusivo appannaggio di XL-Repubblica e Mucchio? “La musica è lavoro” è uno degli slogan creati per questa fiera. Sarebbe vero se solo si vedessero lavorare facce nuove accanto ai soliti noti.
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