Un susseguirsi di parole che è incitamento alla militanza, esortazione alla serrata lotta nei confronti di politiche dispotiche.
People Of The Sun è il secondo bellissimo singolo estratto da “Evil Empire” dei Rage Against The Machine.
Il suo testo, una cronografia rock, mette in fila le vicissitudini di un popolo soggiogato ma mai remissivo.
Zack De La Rocha è un fiume in piena. Con il consueto impeto che contraddistingue il suo incisivo rapping, mette in rima eventi funesti (lo spietato colonialismo di Cortès), sbraita minacce (“Lo spirito di Cuauhtémoc sopravvive indomito”), rievoca cocenti disfatte ai danni dell’ “Impero del Male” (l’offensiva vietnamita del Têt) e addita piaghe sociali (l’appropriazione abusiva di terre e lo sfruttamento del lavoro nei campi di tabacco) nel suggestivo testo.
Schizzano fuori dalla chitarra di Morello, invece, stridenti suoni metallici che anticipano il secco drumming di Wilk, mentre Commerford accompagna il beat con una profonda traiettoria circolare. Il ritmo delle strofe acquisisce potenza grazie ad un tempo rallentato che accelera solo sul ritornello, lasciando l’udito in balia di riff difficili da debellare.
People Of The Sun è riferita ai Maya e ai Méxica - gli Aztechi - comunità devote al culto del sole. Popoli che, oltre a virtù proprie, hanno avuto l’indiretto merito di essere capostipiti di leggendari discendenti. Figure mitiche d'inizio Novecento quali Zapata e i suoi guerriglieri che, al grido di “¡Tierra y Libertad!”, rivendicavano condizioni di vita diverse da quelle miserabili in cui versavano.
O i partigiani dell’E.Z.L.N. del Subcomandante Marcos che, mezzo secolo dopo la Rivoluzione Messicana, sono costretti a battersi al fianco degli indios per ottenere l’annullamento di medievali discriminazioni.
I Rage Against The Machine congiungono musica rivoluzionaria a propaganda di stampo radicale, e per esaltarne il connubio scelgono attentamente come offrire alla vista, prima ancora che all’udito, la loro creazione. Esemplare la rappresentazione di ogni loro intuizione grafica: i Rage attirano lo sguardo con intimidazioni visive, con foto rubate dai libri di storia che servono da monito.
Tra queste anche la splendida immagine ritratta sulla copertina del CD single.
Nulla è scritto in proposito tra i crediti del leaflet. La risposta è annotata sul retro di copertina della pubblicazione promozionale.
La fotografia è dell’italiana Tina Modotti, giramondo nata sul finire dell’800. L’autrice di “Falce, pannocchia e cartucciera” (Messico, 1927) riprende oggetti di vita quotidiana e strumenti della Rivoluzione, in una personale visione dello stile straight photography.
La straordinaria e poliedrica esistenza di Tina Modotti però è sconosciuta ai più, ed è davvero assurdo averne notizia tramite il tortuoso tragitto che lega il nome di una rock band americana a quello dell’artista friulana.
Per dirla alla maniera di Bruce Springsteen: “Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti che da quanto insegnato a scuola” (No Surrender).
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Altre seducenti fotografie di Tina Modotti sono presenti nel fantastico web site a lei dedicato
1 commento:
Ma se al loro concerto di Modena incitavi la folla al pogo? Yo, yo! ;-)
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