Non solo USA e UK. Dure a morire, le convenzioni circoscrivono in questi confini il meglio della musica indie in circolazione.
Sarà pur vero, ma le eccezioni non mancano.
I Mounties debuttano con Thrash Rock Legacy e sembrano poter dire la loro in proposito.
Il trio è costituito da nomi di spicco del panorama indipendente canadese. Hawksley Workman, nato Ryan Corrigan, ha prodotto il duo
Tegane and Sara e la band Hey Rosetta!, Ryan Dahle (fratello di Kurt Dahle, ex batterista dei New Pornographers) ha contribuito alle
fortune di Age of Electric e Limblifter, mentre Steve Bays è il cantante degli Hot Hot Heat.
Il rock energico, il suono di synth modaioli
– eppure così rétro – e i cori orecchiabili delineano lo stile della band.
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giovedì 28 maggio 2015
mercoledì 27 maggio 2015
JPNSGRLS - Circulation
Le coordinate dei JPNSGRLS (Japanese Girls) sono nette, facilmente riscontrabili in ogni solco di Circulation. Tra semplicità espositiva e sonorità in quota garage pop sono posizionati i parametri del primo vero album dei canadesi.
Da poco pubblicato in Europa, con un ritardo di circa sei mesi rispetto all’uscita nel Nord America, Circulation è un disco che nell’insieme evoca la forza del punk anche se ...
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Da poco pubblicato in Europa, con un ritardo di circa sei mesi rispetto all’uscita nel Nord America, Circulation è un disco che nell’insieme evoca la forza del punk anche se ...
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lunedì 4 maggio 2015
Tom Brosseau - Perfect Abandon
Tom Brosseau pubblica Perfect Abandon, un disco di istantanee realizzato nel solco della tradizione folk a stelle e strisce. L’incisione è stata realizzata in presa diretta con la produzione di John Parish.
Il folk per Tom Brosseau è una faccenda molto seria. Perfect Abandon, ottavo disco in carriera per il chitarrista americano, rigenera il linguaggio crepuscolare dei cantastorie. Con uno stile diretto e davvero poco mediato, la voce di Brosseau nobilita dieci tracce che elaborano metafore e notazioni. Sono istantanee scattate con una Polaroid nell’epoca del digitale e, proprio per questo, amplificano un messaggio autentico, spontaneo, sdegnando la manipolazione che altera e non porta da nessuna parte. Perfect Abandon assimila un panorama di giustificazioni e afflizioni, gremito da figure in conflitto e in riappacificazione. Gli stimoli offerti dalla vita, insomma, rivivono tra consapevolezza, nichilismo, altruismo e gran parte dello spettro cromatico esibito dal quotidiano.
Il titolo del disco ricalca una caratterizzazione estrapolata tra le righe di una biografia. Il riferimento tange il modo di indossare il cappello da parte di J.L. “Joe” Frank, “uno dei più grandi promoter/manager di musica country a Nashville”, che usava poggiare il copricapo “con perfetto abbandono”. Al di là della fascinazione per la frase di un libro priva di una qualsiasi rappresentazione figurativa, e che per questo alimenta l’immaginazione, il titolo sembra il modo per delineare le caratteristiche di un album che conferma le doti del busker abile nel trascinare con ineccepibile rilassatezza. Voce bassa e confidenziale, una band che argina l’uso degli strumenti – David Butler alla batteria, Joe Carvell al contrabbasso, Ben Reynolds alla chitarra elettrica – e un unico microfono per catturare i suoni diffusi, live, sul palco del cinema Cube di Bristol, in Inghilterra. Inciso in presa diretta, il disco del menestrello biondo sembra un lavoro che fa di tutto per rasentare l’artigianato di nicchia, se non fosse per la produzione del celebre John Parish (PJ Harvey, Sparklehorse, Peggy Sue), occasionalmente impegnato all’organo.
Roll Along With Me, My Sweetest Friend e Goodbye, Empire Builder (con quella parte di armonica buttata lì con accurata involontarietà) fanno da ossatura a Perfect Abandon.
Tom Brosseau esibisce una vocalità accomodante, cesella la pronuncia di ogni parola alla stregua di un crooner consumato e raramente lascia che la sua Gibson acustica subisca il sopravvento della Fender Stratocaster di Reynolds.
Con una sei corde a tracolla e un testo da cantare molti folksinger hanno costruito onesti percorsi musicali. Tom Brosseau cerca di ritagliarsi un posticino tra chi offre lo splendore semplice ed efficace di un suono accessibile al primo ascolto: è una faccenda molto seria.
Il folk per Tom Brosseau è una faccenda molto seria. Perfect Abandon, ottavo disco in carriera per il chitarrista americano, rigenera il linguaggio crepuscolare dei cantastorie. Con uno stile diretto e davvero poco mediato, la voce di Brosseau nobilita dieci tracce che elaborano metafore e notazioni. Sono istantanee scattate con una Polaroid nell’epoca del digitale e, proprio per questo, amplificano un messaggio autentico, spontaneo, sdegnando la manipolazione che altera e non porta da nessuna parte. Perfect Abandon assimila un panorama di giustificazioni e afflizioni, gremito da figure in conflitto e in riappacificazione. Gli stimoli offerti dalla vita, insomma, rivivono tra consapevolezza, nichilismo, altruismo e gran parte dello spettro cromatico esibito dal quotidiano.
Il titolo del disco ricalca una caratterizzazione estrapolata tra le righe di una biografia. Il riferimento tange il modo di indossare il cappello da parte di J.L. “Joe” Frank, “uno dei più grandi promoter/manager di musica country a Nashville”, che usava poggiare il copricapo “con perfetto abbandono”. Al di là della fascinazione per la frase di un libro priva di una qualsiasi rappresentazione figurativa, e che per questo alimenta l’immaginazione, il titolo sembra il modo per delineare le caratteristiche di un album che conferma le doti del busker abile nel trascinare con ineccepibile rilassatezza. Voce bassa e confidenziale, una band che argina l’uso degli strumenti – David Butler alla batteria, Joe Carvell al contrabbasso, Ben Reynolds alla chitarra elettrica – e un unico microfono per catturare i suoni diffusi, live, sul palco del cinema Cube di Bristol, in Inghilterra. Inciso in presa diretta, il disco del menestrello biondo sembra un lavoro che fa di tutto per rasentare l’artigianato di nicchia, se non fosse per la produzione del celebre John Parish (PJ Harvey, Sparklehorse, Peggy Sue), occasionalmente impegnato all’organo.
Roll Along With Me, My Sweetest Friend e Goodbye, Empire Builder (con quella parte di armonica buttata lì con accurata involontarietà) fanno da ossatura a Perfect Abandon.
Tom Brosseau esibisce una vocalità accomodante, cesella la pronuncia di ogni parola alla stregua di un crooner consumato e raramente lascia che la sua Gibson acustica subisca il sopravvento della Fender Stratocaster di Reynolds.
Con una sei corde a tracolla e un testo da cantare molti folksinger hanno costruito onesti percorsi musicali. Tom Brosseau cerca di ritagliarsi un posticino tra chi offre lo splendore semplice ed efficace di un suono accessibile al primo ascolto: è una faccenda molto seria.
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