Undicesimo lavoro in carriera per i Galactic.
Into The Deep rigenera il funk che ha reso celebre il suono degli statunitensi in oltre due decenni di attività. Tanti i nomi di spessore che celebrano il ritorno del combo.
I Galactic sono fondamentalmente una jam band. Esportano funk, jazz e soul da New Orleans e dopo 25 anni di carriera il loro appeal nell'ambiente musicale non è mai scemato, almeno a giudicare dalle guest appearances vantate in quest'ultimo progetto.
In particolar modo due sono le collaborazioni che meritano menzione.
Into The Deep, la title track, è uno dei momenti migliori del disco. Il brano reca il timbro identitario di una Macy Gray ispirata da un groove lento ma inesorabile. La cantante dell'Ohio condivide lo spettro sonoro con pianoforte e chitarra prima di soverchiare questi e gli altri strumenti nel refrain.
Una grandissima (anche se misurata) Mavis Staples arricchisce di fascino il soul di Does It Really Make A Difference tra una sezione fiati, un organo e una chitarra che risplendono dell'aura magica dei sixties.
Il disco porta in dote un'eccentrica gioia che si perpetua lungo tutti i brani a cominciare dal festaiolo incipit di Sugar Doosie, con fiati in primo piano e il basso leggermente indietro: qualcosa che somiglia ad una marching band della Louisiana in forma ridotta.
Il mix di generi proposto prolifera ulteriormente con il mood "shaftiano" di Higher and Higher, un soul dall'esecuzione viscerale, che può contare sul generoso apporto vocale di JJ Grey.
Coinvolgenti gli strumentali Long Live The Borgne e Today's Blues, ma più che i singoli episodi a rendere valida la proposta di Into The Deep e l'insieme di ritmi avvolgenti che rende tangibile questa ulteriore evoluzione dei Galactic nel nome del funk, un genere così maturo ma tutt'altro che invariabile.
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