martedì 28 gennaio 2014

Pete Seeger: un comunista nel cuore dell'Impero

L’indifferenza è il peso morto della storia”, scriveva Gramsci nel suo Odio gli indifferenti (1917), “vivere significa parteggiare”. Accettando di condividere la visione gramsciana della vita verrebbe naturale chiedersi da quale prospettiva osservare gli eventi, quali scelte compiere, quali principi adottare. In estrema sintesi, da che parte stare. Pete Seeger, il più coriaceo e longevo tra i folk singer sopravvissuti al maccartismo e all’avvicendarsi delle mode, sapeva bene da che parte stare: era un comunista nel cuore dell’Impero. Cantava la dignità del lavoro operaio e auspicava il riscatto per tutti quei cittadini irretiti dall’ideologia del consumo dissennato. Seeger era un grande autore, un gigante, ma era soprattutto un messaggero di storie, l’anello di congiunzione tra la tradizione realistica, valorizzata dalla narrativa americana, e la musica rurale. Rileggeva i classici della canzone popolare e li elevava a nuove preghiere laiche. Preghiere recepite da centinaia di fedeli, a loro volta diventati messia nel segno della canzone di protesta. Se ne potrebbero citare tanti, da Bob Dylan a Bruce Springsteen, da Joan Baez a Tom Morello, da Roger McGuinn a Ani DiFranco. E’ proprio con la folksinger di Buffalo che Seeger ha collaborato recentemente. Con Ani ha riletto ¿Wich Side Are You On?, traditional urticante scaturito da avvincenti lotte per l’emancipazione. Una storia tragica, una storia di conflitto tra classi che trae origine nel Kentucky stritolato dalla Grande depressione. Una vicenda divenuta celebre nella cover che Seeger ha fatto propria e ha poi incluso nel suo Greatest Hits del ’67. Le liriche citano gli accadimenti riferiti alla Harlan County nel 1931. Wich Side Are You On? è il pugno in faccia rifilato da Florence Reece, moglie di un lavoratore in sciopero – tanto più sindacalista –, ai padroni che vessavano suo marito e gli altri minatori delle cave di Evarts. La donna scrisse i versi della canzone nella baracca di famiglia, dopo aver subito l’intimidatoria irruzione della polizia, longa manus dei padroni. All’epoca, i proprietari dei giacimenti di carbone allestivano dormitori per operai a ridosso delle miniere, con lo scellerato intento di alimentare quel ciclo continuo di sfruttamento dell’individuo che si rifaceva al binomio lavoro e casa. Ma soprattutto correggevano al ribasso i quantitativi di minerale estratto e riducevano continuamente la retribuzione, rigorosamente a cottimo. Iniziati i primi scioperi, la polizia ai comandi del servile J.H. Blair sgomberò i miseri alloggi con la forza. Tutti i lavoratori in lotta vennero lasciati senza tetto e senza lavoro: in pochi giorni vennero licenziate duemila unità. Nei susseguenti violentissimi scontri, che portarono alla morte tre guardie e un operaio, la polizia ne uscì sconfitta e Wich Side Are You On?, da quel momento, divenne inno della lotta di classe e coro spendibile dai sindacati statunitensi (e britannici all’epoca della Thatcher). Wich Side Are You On? è solo un tipico esempio di rappresentazione aspra e disperata della condizione umana che Seeger amava esplorare.
Della stessa valenza, altre canzoni a lui direttamente attribuibili erano “Where Have All The Flowers Gone?”, “If I Had A Hammer”, “Turn, Turn, Turn!” e “We Shall Overcome”.
La musica e l’impegno sociale erano l’onere e forse anche l’elisir di lunga vita di Pete Seeger. Ad oltre 90 anni mostrava lo stesso entusiasmo di un ragazzino e sembrava avere ancora lo stesso grande desiderio degli esordi che lo sollecitava ad esibirsi in pubblico con il suo adorato banjo. Un banjo adibito ad arnese, macchina. “Questa macchina circonda l’odio e lo costringe ad arrendersi”, ecco la traduzione del motto inscritto lungo la cassa armonica del suo strumento. Un avvertimento più cortese nella forma, ma non meno esplicito nella sostanza, di quello esposto sulla chitarra di Woody Guthrie ("This Machine Kills Fascists").
Il 3 maggio del 2009, davanti ad un nutrito e partecipe pubblico, Joan Baez, Bruce SpringsteenDave Mattews, Ani Di Franco, Billy Bragg, Toshi Reagon e altri musicisti avevano celebrato il novantesimo compleanno di Seeger al Madison Square Garden di New York. Un evento filmato per l'home video “Pete Seeger's 90th Birthday Celebration: The Clearwater Concert”, i cui proventi sono stati devoluti all’Hudson River Sloop Clearwater (ente ambientalista voluto dallo stesso Seeger negli anni '60, nato per salvaguardare l’ecosistema del fiume Hudson e dei suoi affluenti). Ed è proprio da quel palco allestito a forma di sloop, un battello a vela, che folksinger e rocker hanno festeggiato il riottoso veterano della scena musicale americana (per dirla alla maniera di Springsteen: “Pete sembra tuo nonno, se solo tuo nonno potesse prenderti a calci in culo”).
Un ultimo corale saluto al nume dell'attivismo musicale. Leggendario. E' l'aggettivo più comune, il più sprecato quando qualche protagonista della cultura lascia questo mondo. Leggendario. Un termine abusato che si attribuisce a personaggi scomparsi, più o meno meritevoli di tale titolo. Be’, non conferiamolo anche a Pete Seeger: non sarebbe sufficiente a rendere giustizia alla sua grandezza.

giovedì 23 gennaio 2014

Altro tribut album per Dylan

Sarà disponibile dal 25 marzo il tribute album “Bob Dylan in The 80’s”, uno spaccato della carriera di Bob Dylan riletto con il chiaro intento di riscoprire le perle nascoste in dischi scarsamente considerati dalla critica e poco amati dal pubblico. Una sorta di “best of” circoscritto da rigidi limiti temporali e ricreato sui gusti personali di Jesse Lauter e Sean O'Brien, produttori che hanno partorito un progetto inevitabilmente lacunoso, ma particolarmente audace.

Gli '80 sono anni che un immaginario stereotipato descrive di plastica, preda di molesti synth e pettinature raccapriccianti. Secondo questo archetipo, anche la musica di quel frangente veniva concepita e spacciata come mero fenomeno di consumo. Certi “veri artisti”, irriducibili fedayìn dell’arte musicale tutta passione, si prestavano con malsana disinvoltura al riprovevole traffico di talento e immagine. Ma è stato davvero così? Quel lasso di tempo che ci ha lasciato “solo” 25 anni fa, è stato realmente regressivo e nettamente inferiore al precedente e poi al successivo? E’ stato un ciclo in balia della volgarità e della grossolanità tout court? Eppure oggi se ne riscontra la riproposizione caldeggiata tanto dagli stakeholder dell’industria dell’intrattenimento e della moda, quanto dai fautori della retromania.

Sorta di teorici della negazione, i produttori Lauter e O'Brien hanno indagato la discografia realizzata da uno dei “veri artisti” che ha attraversato quel periodo – uscendone malconcio ma vivo –, per rivalutarne il meglio e rifiutare una limitante generalizzazione. Il vero artista è il Bob Dylan a metà del guado di un’esistenza che l’ha già incoronato menestrello, giudicato rottamatore a Newport, reso nomade per la Rolling Thunder Revue, ma che non l’ha ancora umiliato quale attore per gli spot di Victoria's Secret. Dylan apriva gli ’80 con Saved e Shot of Love, inconsistenti album in odor di conversione religiosa (più presunta che reale), riconquistava valore con Infidels e chiudeva il decennio con il risorgimento creativo di Oh Mercy. Periodo controverso, dunque? A giudicare i 17 ripescaggi effettuati dal duo di produttori, il crack sembrerebbe parziale. Con il senno di poi Dylan parrebbe certamente più dimesso rispetto agli eccelsi standard dei due decenni precedenti, ma pur sempre traghettatore di illuminato cantautorato.

Vittime di una spietata dogmaticità che ha bocciato secondo la logica del “fare di ogni erba un fascio”, alcune tra le registrazioni finite in quei dischi (parte del materiale, però, è estratto anche da Under The Red Sky del ’90 e dallo strepitoso side-project Traveling Wilburys) risplendono oggi in cover capaci di suffragarne il valore senza tempo. I “Jokermen” in azione sono musicisti mainstream oppure almost famous: l’insospettabile Slash, lo starnazzante Craig Finn (The Hold Steady), il barbuto Bonnie “Prince” Billy, il comico in ascesa Reggie Watts, il prezzemolino lagnoso Glen Hansard, il talentuoso Neal Casal e gli autentici Built To Spill (la “loro” Jokerman è in free download).
Bob Dylan in the 80’s non è perfetto, e forse non aspira ad esserlo, ma tra la marea di tributi indirizzati al repertorio del folksinger svetta per originalità della proposta e per fresco sviluppo reinterpretativo. Tra questi resta inspiegabilmente escluso un capolavoro come Man In The Long Black Coat (da Oh Mercy) ma spicca la presenza di When The Night Comes Falling From The Sky, la cui take originaria è stata incisa con Steven Van Zandt e Roy Bittain  della E Street Band  per Empire Burlesque, scartata e infine inclusa nel terzo volume delle Bootleg Series.
Aspetto che aggiunge valore all’album è dato dal carattere benefico: una parte dei proventi sarà devoluta alla Pencils of Promise, organizzazione non-profit impegnata a fornire istruzione in aree sottosviluppate dell’Asia, Africa e America Latina.

domenica 12 gennaio 2014

Molla - Prendi fiato

È uno sguardo al microcosmo, un sussurro che resta in una bolla, piccolo confessionale che incapsula pensieri intimi ed esclusivi. In Prendi fiato non c’è posto per il mondo. Molla racconta gli inciampi tra le buche disseminate lungo la vita: la sua.

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