La raccolta intitolata The Blue Fairy Mermaid Princess ripercorre un momento della carriera di Micah Gaugh fino ad oggi inedito. Un compendio di 42 minuti che ben rappresenta le 14 colossali ore di registrazioni trascurate per anni in archivio. Una frattura nel percorso artistico del musicista che va dal 1994 al 1997. Una lacuna colmata con la riproposizione di jam dal vivo e sessioni in studio riemerse grazie alla laboriosa opera di recupero svolta da Julien Fernandez – regista dell’ardita impresa nonché autore dell’artwork – che ha setacciato le incisione del triennio in questione. Un periodo che impegna Gaugh (voce, piano, sassofono), Kevin Shea (batteria) e Daniel Bodwell (contrabbasso) a misurarsi con un flusso emorragico di creatività originato dal free jazz, ma dai contorni indistinti, qualcosa che ha a che fare con il meta jazz.
Anche se parziale, la definizione allo stile è di superficie, è formale e non potrebbe essere diversamente: entrare nel merito significherebbe articolare un parere didascalico e a tratti impossibile. Il contenuto del disco è così disinvolto, affrancato da caratteri di genere, che a tratti risulta sovversivo. Gaugh non canta, non sempre, piuttosto emette vocalizzi gutturali alternati a falsetti che lamentano versi introspettivi e sentimentali in un (quasi) grammelot che si districa tra tempi rubati ad una ritmica volutamente irresoluta. E’ musica d’avanguardia, è sperimentazione che non troverà spazio tra le contemporary hit radio come tra le stazioni tematiche, perché è musica dettata dal momento, è ispirazione frenetica e visionaria trascinata da quell’interazione (quasi telepatica) che è l’improvvisazione.
Più che ambiziosa, The Blue Fairy Mermaid Princess è operazione coraggiosa che combatte la prigione degli stereotipi. Un’iniziativa rivolta a chi preferisce rifiutare il rassicurante invito del pregiudizio, nell’interesse dell’eccezione alla norma.
L’album, accreditato a Micah Gaugh Trio, uscirà per Africantape il prossimo 4 marzo.
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